un attimo di pazienza...

19 Aprile 2022

L’impatto dei media sulla diffusione di una disciplina sportiva

EVOLUZIONE DELLA FRUIZIONE DELL’EVENTO SPORTIVO

L’aumento di popolarità che hanno avuto le principali discipline sportive, calcio e ciclismo in primis, è dovuto principalmente alla nascita e poi all’evoluzione della televisione. Già prima che nascesse la tv andava in onda in forma sperimentale la “Domenica Sportiva” mentre la prima gara trasmessa della Nazionale italiana fu l’amichevole con la Cecoslovacchia del 13 dicembre 1953. Oltre al calcio lo sport più seguito nel primo dopoguerra fu il ciclismo, reso celebre dalle prime edizioni della Milano-Sanremo, del Giro d’Italia e, grazie all’Eurovisione, gli appassionati poterono seguire le tappe del Tour de France fin dal 1956. Sempre grazie all’Eurovisione, la Rai poté trasmettere le finali delle competizioni europee per club calcistici (la Coppa dei Campioni e la Coppa delle Coppe). Per via dei molti appuntamenti internazionali trasmessi in diretta, furono molto seguite le emittenti straniere in lingua italiana, come TSI, Tele Capodistria e Telemontecarlo, che permisero agli italiani di seguire il ciclismo, lo sci, il tennis, le Olimpiadi e soprattutto le coppe europee, i Mondiali e gli Europei, in genere mandati in onda dalla Rai in differita.

Con l’inizio degli anni ’90 iniziò una nuova fase per lo sport in televisione: la diretta sulle Pay TV. Nel 1990 infatti, con la cessione delel frequenze di Tele Capodistria, nacque il primo canale tematico sportivo a pagamento Tele+2, prodotto da Tele+ (la prima pay tv italiana). Fu il primo segnale del futuro dello sport, destinato a essere trasmesso sui canali a pagamento, visibili solo con abbonamenti annuali o semestrali. Dal 1996 Tele+ poté trasmettere tutte le gare di Serie A (dal 1999 in concorrenza con Stream), grazie alla pay per view e alla nascita di canali tematici come +Calcio e +Gol. Una formula che con il tempo determinò l’opportunità di far disputare la giornata di campionato da sabato pomeriggio alla domenica sera e che dal 2003, anno della nascita di Sky dalla fusione di Tele+ e Stream, propose di far disputare una partita alle 12.30 e una al lunedì sera (attuate solo dal 2010).

Con la nascita di Sky, le dirette di eventi sportivi su canali a pagamento sono aumentate anno dopo anno. Oltre alla Serie A, l’emittente ha potuto trasmettere tutte le gare dei Mondiali 2006 e 2010 (limitando la Rai alle 25 migliori partite), le Olimpiadi invernali 2010, le gare di basket dell’Eurolega e di Sere A1, il Sei Nazioni di rugby, tutti eventi fino ad allora trasmessi dalla tv pubblica.

Così facendo l’Italia si è in poco tempo allineata al resto del mondo, in cui le manifestazioni sportive nazionali e internazionali vengono trasmesse in esclusiva dalle pay tv, limitando quelle generaliste alla semplice cronaca.

Negli ultimi anni, lo stato di emergenza sanitaria causato dalla pandemia ha imposto sfide importanti che hanno coinvolto anche la sport industry. L’impatto causato degli eventi sportivi prima rimandati e poi svolti a porte chiuse è stato sconvolgente non solo per i tifosi, ma anche per i club (in termini di mancate revenue ed entrate dagli sponsor). Tuttavia le società hanno sempre cercato di non perdere il contatto con i fan, potenziando le loro strategie di innovazione digitale e le sinergie con gli stakeholder. Per colmare il gap dato dall’assenza dell’evento live è stato più che mai fondamentale realizzare dei contenuti digitali creativi ed efficaci. Si è registrata infatti un’importante crescita di engagement sui social media, di visite sulle piattaforme di streaming, website e tv.

Una dimostrazione significativa arriva dalla FIBA (Federazione Internazionale di Basket) che racconta i suoi numeri relativamente alle qualificazioni al Campionato europeo della squadra femminile, FIBA Women’s EuroBasket 2021 Qualifiers confrontandole con l’edizione del 2019 (pre-pandemia).

Rispetto alle precedenti qualificazioni, il numero di broadcasters sale a 29 e un numero sempre più consistente di fan segue le ultime azioni attraverso il canale YouTube che quest’anno raggiunge 1.5M di visualizzazioni totali.

La crescita nel digitale è stata evidente anche sui canali social dedicati che, tra Facebook, Instagram e Twitter giungono a quota 124K followers rispetto ai 14K del 2019. Cresce parallelamente il fan engagement che passa da 144K a 737K. È il sito ufficiale dei Qualifiers a registrare un incremento senza precedenti con 1.1M di visualizzazioni contro le 708K del 2019 e un traffico di visite raddoppiato su funzionalità e contenuti editoriali rivolti ai fan.

«I millennials non guardano la tv o non hanno abbonamenti alla tv via cavo, è un’audience che dobbiamo recuperare»: parole di qualche anno fa di Robert Kraft, proprietario dei New England Patriots di football americano. Il fenomeno è arrivato oggi anche in Europa: l’Eca (l’associazione dei club di calcio europei) ha svolto un’analisi in sette Paesi (Italia esclusa) a tinte ancora più fosche se è vero che il 27 per cento dei millennials intervistati dice testualmente «di non avere alcun interesse per il calcio» e il 13% addirittura di odiarlo. E tra chi è maggiore di 13 anni il 29% dice di aver smesso di seguire il calcio «perché ho di meglio da fare». In realtà incrociando vari studi non sembra vero che ai ragazzi non interessa più lo sport: non lo guardano (o lo guardano meno) in tv.

Gli strumenti che aiutano i fan a vivere da remoto gli eventi sportivi rappresentano sempre di più un asset di fondamentale importanza, specialmente durante il particolare momento storico che stiamo vivendo. È quindi essenziale pianificare una strategia di comunicazione digitale innovativa e generare dei contenuti coinvolgenti per l’audience. Si conferma in crescita la tendenza a contenuti “snackable” cioè brevi ed efficaci, fruibili senza impiegare troppo tempo e che generino una reazione emotiva o di divertimento. Questo per rispondere all’inclinazione delle nuove generazioni ad essere attratti da contenuti veloci e facilmente consultabili. Sempre più spesso infatti la Generazione Z non si sofferma a guardare tutta la partita, ma solamente gli highlights. Diventano così molto efficaci strumenti come TikTok e Instagram. Si osserva che generalmente lo strumento più utilizzato per godere di questo tipo di contenuti è lo smartphone: mentre si beve un caffè, in ascensore, quando si è in fila o in pausa pranzo. Lo snackable content mira quindi a catturare l’attenzione dell’utente nel breve tempo disponibile, ad essere facilmente condivisibile e a diventare virale.

Per restare sempre più vicini ai tifosi ed integrare il concetto di intrattenimento del fan durante un evento live (in presenza allo stadio o al palazzetto) con l’engagement digitale, gioca un importante ruolo la piattaforma Twitch, leader nel settore del live streaming di videogiochi e competizioni eSport. Real Madrid, Arsenal, Manchester City, PSG, Milan e Juventus tra i primi club ad aprire un canale dedicato. La piattaforma di live streaming, per rispondere al trend in continua espansione proveniente dalla sport industry, ha deciso quindi di inserire una categoria interamente dedicata alle trasmissioni sportive: Twitchsports. Questo spazio oltre ad includere contenuti provenienti dai più illustri club calcistici di tutto il mondo, trasmetterà dalla sfera NBA, dall’hockey della NHL, dal Rugby, dal circuito UFC delle arti marziali miste e dalla lega di calcio femminile americana NWSL.

Abbiamo ormai imparato a comprendere quanto velocemente possa evolvere il mondo digitale e quanto anche lo sport business sia coinvolto in questo processo insieme a molte altre industry. È indispensabile per le aziende che lavorano nello sport strutturarsi attorno ad una cultura digitale e circondarsi di personalità che, con nuove skills, conducano ad una trasformazione digitale di successo. Avere a disposizione dei team che abbiano acquisito competenze incentrate sull’innovazione e sulle nuove tecnologie è centrale per lo sviluppo di nuovi modelli di business e di sostenibilità.
Il Covid è stata la dimostrazione che la digital trasformation è ormai una priorità se si vuole restare sempre in contatto con la propria audience e, tutte le aziende che prima della pandemia non avevano ancora ben strutturato la loro digitalizzazione, si sono trovate infatti in forte difficoltà nel rispondere alle nuove esigenze del consumatore. D’ora in poi il digitale sarà sempre una parte integrante del processo di comunicazione ed è quindi essenziale che anche chi opera nello sport business adatti il proprio mindset. La pandemia ha portato a ripensare l’intera fan experience e i punti di contatto con gli appassionati. In tal senso il digitale sta generando tantissime nuove opportunità e questa evoluzione va sicuramente affrontata con una strategia all’avanguardia, con versatilità e metodo. C’è un’audience direttamente raggiungibile grazie alla tecnologia ed è per questo che la trasformazione digitale sarà determinante per saper cogliere i vantaggi che il web ci offre.

IL RUOLO DEI MEDIA NELLA DIVULGAZIONE DELLO SPORT

Come spesso accade, la nostra visione delle cose è influenzata dal nostro modo di pensare e dall’immagine che ci costruiamo della realtà. Facendo un esempio pratico: chi ama la corsa la considera uno sport molto importante che non riceve le giuste attenzioni da parte dei media. È vera questa affermazione? In parte sì e in parte no. Sicuramente alla corsa – e agli sport di endurance, in generale – non viene dato spazio nei media tradizionali; ma la corsa è uno sport molto importante soprattutto per chi corre. Gli appassionati di curling possono pensare lo stesso, idem chi ama il tennis.
La verità è che ogni sport è importante, a modo suo. Ed è altrettanto vero che nessuno sport – forse anche il calcio – riceve la giusta attenzione dei media. Questi ultimi si concentrano soprattutto su ciò che dà profitto, letture o click; comprensibilmente, per certi versi.

Perché uno sport sia praticato, servono tre ingredienti: la cultura dello sport, un luogo dove praticarlo e la passione.
La cultura dello sport inizia soprattutto da giovani e deve nascere nelle famiglie, nei contesti sociali più ristretti, e poi allargarsi alle scuole e agli altri luoghi di aggregazione. Dobbiamo sapere cosa significa fare sport, quali sono i suoi valori e conoscere i suoi benefici sia per il corpo che per la mente.
Sulle strutture dove praticare sport non possiamo farci granché, se non pressare il mondo politico perché crei e renda accessibili i luoghi dove fare sport. Una pista di atletica non serve a nulla se i ragazzini non possono andarci a correre o se per accedere devono essere necessariamente iscritti a una società. Quando si è bambini, lo sport è un gioco e, se non puoi giocare, semplicemente non lo fai.
La passione è una questione diversa e molto più potente degli altri due punti, per certi versi. Quando ti appassioni a qualcosa, superi gli ostacoli pur di assecondarla. Praticarla, in questo caso. E la passione arriva dalla conoscenza, dalle storie, dai personaggi, da tutto ciò che è in grado di creare una connessione tra mente e cuore. Quanti ragazzini si sono appassionati al basket guardando Michael Jordan? Lo stesso vale per il calcio, il tennis, il ciclismo, la pallavolo e ogni sport che ci ha tenuti incollati alla tv sognando di diventare come gli atleti che stavamo vedendo.
Ora lo sport non è quasi più accessibile in chiaro sui media. Scelte editoriali e investimenti delle pay tv (comprese le piattaforme online) l’hanno fatto scomparire quasi del tutto.
Rimane lo sci, qualche tour di ciclismo, poco altro; oppure devi cercare, trasmissioni su canali web o, in alternativa, pagare per la possibilità di vedere qualcosa. Ma, se paghi, allora sei già appassionato.

Come possiamo pensare che si crei passione su cose che non si conoscono e non fanno parte della nostra vita? I media dovrebbero avere, a mio parere, un ruolo educativo e costruttivo, nello scenario attuale. Provate a immaginare quanto sarebbe bello vedere la scherma, il nuoto, la corsa, il triathlon, il ciclismo, tutto in un grande contenitore di due ore in prima serata sulle principali reti pubbliche! E poi approfondimenti pomeridiani al posto di talent o reality.

Invece, ci ritroviamo nella situazione opposta, in cui è la TV ad influire sul mondo dello sport. Una prospettiva con cui affrontare il tema della relazione tra televisione e sport riguarda infatti le modalità attraverso cui le discipline sportive subiscono processi di trasformazione – dettati dall’esposizione televisiva – che vanno a incidere su alcuni dei propri elementi costitutivi e organizzativi. Come ha scritto Aldo Grasso, infatti, gli «sport esistono solo se i media parlano di loro, i media sopravvivono con tonicità solo se parlano, sovente, di sport; ma lo sport viene modificato dai media e, modificato, si offre a nuove incursioni dei media».

Abbiamo tutti un certo grado di consapevolezza della grande influenza che i media hanno sulla società. Lo sport è ben lungi dall’essere un’eccezione e, anno dopo anno, è sempre più sotto gli occhi di tutti la crescente influenza dei social network e della televisione sul mondo dello sport.

Quando si parla dell’impatto dei media, non ci si riferisce solo alla diffusione su larga scala di competizioni e notizie sportive, ma anche all’influenza su elementi di carattere culturale, sociale ed economico. Il processo più evidente è quello che Gianfranco Bettetini ha chiamato col nome di «ri-regolamentazione», ossia di modifica di norme e meccanismi delle discipline per far fronte alle logiche dei media e della televisione in particolare; segni di una crescente ricerca di spettacolarizzazione dello sport piegata alle intenzioni, alle tempistiche e alle necessità televisive. Un altro esempio è quello che alcuni studiosi hanno identificato come «corruzione sportiva» e che consiste nella modifica dei calendari tradizionali delle competizioni e degli spostamenti d’orario nell’interesse esclusivo dei broadcaster televisivi, delle loro finalità di programmazione e delle esigenze dei rispettivi pubblici prima ancora che di quello degli atleti e delle organizzazioni coinvolti. In un processo ormai più che ventennale, il calcio è passato da appuntamento domenicale fortemente identitario e radicato nei rituali della popolazione a prodotto commerciale spalmato ed esteso in giorni e fasce orarie sempre più diversificati; uno sport praticato in funzione delle telecamere e svuotato del suo storico immaginario. Un percorso che l’ingresso di piattaforme streaming – come Dazn – nel mercato dei diritti televisivi ha accelerato e reso ulteriormente articolato.

È chiaro che l’influenza della televisione sul mondo dello sport non sia stata solo negativa, non è mia intenzione demonizzare la TV e la sua influenza sullo sport. Al contrario: la presenza degli apparecchi televisivi nelle case degli italiani a partire dagli anni del boom economico ha permesso a milioni di persone di partecipare per la prima volta ad un evento sportivo. Diversi anni dopo, un fenomeno simile, ma molto più radicale, è esploso con la globalizzazione e con Internet. Con i social media il rapporto tra spettatori e tifosi con lo sport è cambiato per sempre. Per la prima volta nella storia, è possibile partecipare e interagire in tempo reale con altri utenti e aziende provenienti da tutto il mondo. Le trasmissioni sportive non consistono più in un cronista attivo che racconta un evento ad un utente passivo.

Oggi, con la diffusione capillare dei social network e delle piattaforme online, questa relazione da verticale è diventata interattiva. Gli eventi vengono trasmessi in diretta e gli spettatori possono commentarli liberamente, scambiare opinioni e persino criticare la trasmissione ufficiale.

I social media hanno preso il posto, oggi, della TV generalista degli anni ‘80/’90. La democratizzazione condotta dalla penetrazione dei media digitali nel mondo dello sport va oltre la trasmissione in diretta delle competizioni. Si tratta di permettere a migliaia di persone di entrare in contatto con modalità sportive che magari non ci sono nella loro città. Democratizzare lo sport significa renderlo alla portata di tutti. Infatti, grazie alla loro potenza e invasività, internet e i social media possono aiutarci a superare le barriere sociali, geografiche e socioeconomiche che separano il mondo dello sport.

Come detto in precedenza, grazie alla televisione, è possibile creare le basi necessarie affinché tutti i cittadini abbiano la possibilità di praticare l’attività fisica. Tuttavia, è impossibile ignorare che l’influenza della televisione sullo sport ha avuto anche degli effetti negativi. Soprattutto se pensiamo al giornalismo sensazionalistico e di intrattenimento che spesso influenzano gli atleti sia fisicamente che emotivamente con l’imposizione di standard e aspettative provenienti dall’esterno. Questo perché la televisione e i media in generale cercano di motivarli a perseguire determinati ideali estetici, familiari, personali, professionali e sentimentali, invadendo inevitabilmente la loro vita privata.

ANCHE L’ADVERTISING STA CAMBIANDO

Negli ultimi due anni, il passaggio allo streaming ha conosciuto una netta accelerazione. Le abitudini di consumo si sono indirizzate sempre più verso il digitale e i social e i fan hanno più squadre, federazioni, brand e servizi tra cui scegliere. Secondo Marie Donoghue – vicepresidente di Global Sports Video di Amazon – la previsione è che questa tendenza continui e che quest’anno il numero di streaming di eventi in diretta aumenti di oltre il triplo.

Dopo decenni in cui le trasmissioni sportive sono rimaste sostanzialmente invariate, questo cambiamento offre un’immensa opportunità per far evolvere il panorama delle trasmissioni e costruire esperienze uniche che consentano agli appassionati di personalizzare il loro modo di interagire con lo sport.

Le integrazioni tra piattaforme di eventi in diretta streaming e i social network o altre piattaforme di streaming – come quella sperimentata tra Prime Video e Twitch in America – consentono di testare nuove tecnologie che migliorano l’esperienza visiva, raggiungono e coinvolgono segmenti di pubblico nuovi e più giovani e aiutano le organizzazioni a raggiungere obiettivi commerciali più ampi. Tecnologie come le nuove funzionalità X-Ray che forniscono analisi di esperti, replay, sondaggi dei fan, statistiche integrate aumentano notevolmente il coinvolgimento e l’interattività con gli utenti fornendo ai brand nuovi touchpoint con i fan.

E i grandi brand non perdono l’occasione per sfruttare queste nuove opportunità. Come Coca-Cola, che lancia il nuovo format su Coca-Cola Super Match su DAZN. Gli spettatori potranno scegliere di seguire le partite, insieme alle più grandi community di calcio in Italia: Gli Autogol, Cronache di spogliatoio e Bobo TV (Christian Vieri e Nicola Ventola) si alterneranno, nella telecronaca dei principali match della stagione, accompagnati da un giornalista sportivo di DAZN, nell’esclusivo Home Stadium.

“Attraverso questa iniziativa, Coca-Cola desidera offrire ai consumatori una nuova esperienza di fruizione, in grado di unire due grandi passioni italiane: il calcio e la condivisione. Un nuovo format, ingaggiante e dinamico, dove il consumatore non è più solo spettatore ma diventa parte del match”, ha dichiarato Raluca Vlad, Direttore Marketing Coca-Cola Italia. “Coca-Cola Super Match si inserisce, infatti, nella nostra nuova filosofia Real Magic, che vuole ricordarci ogni giorno come qualsiasi momento, ad esempio una partita, possa diventare ancor più magico se vissuto insieme”.

Ma l’iniziativa non si ferma all’integrazione tra DAZN e le principali community social, infatti per gustare al meglio ogni secondo del match con amici e parenti, Coca-Cola ha pensato anche a una speciale sezione su Glovo, “Emozioni da Stadio”, che dà la possibilità ogni settimana di vincere dieci biglietti, comprensivi di ingresso e hospitality, per assistere alle partite della squadra del cuore.

Sono anni che i pubblicitari si ritrovano a bere aperitivi, disquisendo dell’internet. “Ha cambiato tutto. Targetizza troppo bene. Mostriamo ad ogni pubblico una creatività specifica. Prima era il banner, poi il video su YouTube, adesso sono i social: ad ogni cluster il proprio messaggio. Sono lead che convertono. È il futuro. I giornali sono già morti, la TV morirà.”
Ma la TV non è affatto morta, e anzi alza la guardia per uscire dall’angolo, andando a colpire là dove il web sembrava più forte: la segmentazione e la targetizzazione del pubblico in chiave pubblicitaria. La realtà aumentata ha infatti permesso alla TV di unire i contenuti televisivi premium e di larghissima diffusione, come le partite di calcio, alla capacità di internet di consegnare messaggi diversi a target diversi. Persone diverse che guardano la stessa partita, allo stesso momento, vedendo però cose diverse a seconda della propria appartenenza ad un target piuttosto che ad un altro.

Per anni il cartellone a bordo campo è stato uno dei display più potenti tra i canali di distribuzione tradizionali. È fisicamente in campo, sotto gli occhi di tutti. Spesso è parte dell’azione. Colpito dal pallone, saltato dal giocatore, preso a calci dal portiere, usato dai fotografi come treppiede, dai panchinari per il riscaldamento, dal raccattapalle come nascondiglio: è parte dello show. Avevo un solo difetto, era statico. Ora invece, con l’avvento delle Digitally Enhanced Dasherboards (DED), i cartelloni pubblicitari in realtà aumentata, che permettono di mostrare pubblicità diverse a target diversi su reti televisive diverse, tutto sta cambiando.

In una fase in cui il web – e lo streaming – sembrava la nuova frontiera per la pubblicità, la DED ha mescolato le carte in tavola, permettendo alle società di cambiare il modo di fare – e di valorizzare – la pubblicità all’interno degli stadi massimizzando gli introiti pubblicitari grazie alla targetizzazione per aree geografiche. Le potenzialità di questa soluzione, proposta anche durante gli ultimi Europei di calcio11, stanno inoltre nella sua adattabilità a qualsiasi disciplina e location.

In conclusione, se a queste nuove soluzioni di advertising associamo le sempre crescenti potenzialità della distribuzione televisiva – il broadcast over internet, le smart TV, il live streaming – possiamo facilmente immaginare un’evoluzione che porterà a raffinare la segmentazione in cluster sempre più precisi, fino a targetizzare il singolo individuo, per la felicità di società, federazioni e brand.

FONTI

1 https://inchiostro.unipv.it/il-racconto-dello-sport-in-tv/
2 https://www.fiba.basketball/womenseurobasket/2021/qualifiers/news/a-win-on-and-off-the-court-fibawomen-s-eurobasket-2021-qualifiers-meet-covid-19-challenges-deliver-impressive-digital-growth
3 https://www.corriere.it/speciale/sport/2020/sport-tv-giovani/
4 https://www.wired.it/internet/social-network/2020/07/22/twitch-sport/
5 A. Grasso, Il calcio nella rete, in A. Borri (a cura di), Sport e mass media, Roma-Bari, Laterza, 1990, pp. 63-68.
6 G. Bettetini, La conversazione audiovisiva. Problemi dell’enunciazione filmica e televisiva, Milano, Bompiani, 1984.
7 M.J. McNamee, Sporting Practices, Institutions and the Virtues: A Critique and a Restatement, in «Journal of the Philosophy of Sport», 22 (1995)
8 https://advertising.amazon.com/it-it/blog/live-sports-streaming-marketing-trends-2022
9 https://www.spotandweb.it/news/840771/coca-cola-super-match-su-dazn.html
10 https://www.yakagency.com/it/blog/non-crederete-ai-vostri-occhi-e-fate-bene/
11 https://www.affaritaliani.it/sport/calcio-business-con-le-pubblicita-personalizzate-siamo-gia-nel-futuro-748629.html

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